La Croazia è terra di vento, scogli e stupende strade spesso strappate alla roccia. Strade pericolosissime, come testimoniano innumerevoli mazzi di fiori al ciglio delle stesse. Una terra sdraiata sul mare, con una strada quasi sempre costretta tra gli scogli e una infinita dorsale montuosa che corre parallela alla meravigliosa costa, e tuttavia impossibile da attraversare senza superare due frontiere per poche manciate di chilometri appena: a nord quella slovena, a sud quella bosniaca. Confini assurdi lasciati in eredità dall’assurda guerra degli anni novanta; una guerra davvero stupida e inutile. Penso che tutte le guerre siano stupide, soprattutto prendervi parte, ma quella lo fu davvero in modo particolare. Il nazionalismo stantio e populista, evidentissimo tanto nelle conversazioni con le persone quanto nei moltissimi cartelloni raffiguranti generali e presunti eroi di guerra posti ai lati delle strade, è un altro retaggio di quel conflitto.
In Croazia ho prima di tutto risolto alcuni problemi tecnici del TS. Ne aveva alcuni, il peggiore una pervicace reticenza del motore ad avviarsi, specie a caldo. Il contatore delle bestemmie stava doppiando quello dei chilometri, così ho dovuto forzatamente occuparmi della cosa. Muovendo i registri del carburatore avevo migliorato ma non risolto la soluzione, che è arrivata cambiando tipo di candela (grado termico inferiore). Ho ancora dei piccoli problemi ma nulla di bloccante, e intendo provare a sistemarli tutti in una volta non appena mi fermerò per qualche giorno in un luogo.
Poco dopo Rijeka la strada devia forzatamente verso i monti, per poi ridiscendere al mare poco dopo. Io invece ho continuato a vedere montagne e altopiani per un bel pezzo fino a quando si è fatto buio, dandomi così la certezza di essermi perso in quei luoghi tristi come il primo Masini. Per fortuna in Croazia è semplicissimo trovare da dormire: praticamente ogni casa privata affitta posti letto, segnalati da cartelli posti sulla strada. Sapevo che non potevo essere troppo distante dalla costa ma faceva freddo ed era venuto troppo buio e ho quindi deciso di cercare lassù una sistemazione per la notte. Ho così trovato per dieci euro una stanza di quattro metri quadri presso una signora dallo sguardo straordinariamente ottuso, con un letto singolo e nient’altro e con cesso in comune con le altre stanze fortunatamente deserte. Appena scostato il copriletto un paio di insetti a me sconosciuti sono saltati fuori dalle lenzuola e nella doccia, provando a sollevare un tappetino di colore e aspetto agghiaccianti, un ragno grosso come una noce mi ha prontamente dissuaso dal proposito. Ho dunque optato per il piano B: cena robustissima al ristorante del paese (di nome Medak per la cronaca) con mezzo litro di rosso e subito a letto….vestito! Ho valutato di non levare neppure il casco integrale…..

Il giorno dopo a Zadar, teatro di leggendarie vacanze con gli amici (quando avevamo cento anni di meno), per ripartire il giorno dopo alla volta di Makarska, altro bellissimo ex villaggio di pescatori oggi cementificato centro turistico. Passammo anche di qui durante una di quelle storiche vacanze, era agosto e ricordavo una teoria quasi infinita di ragazze bionde e pochissimo vestite attorno ai bar del centro storico. Passandoci ora in Ottobre ho trovato sciami di ottuagenari tedeschi e inglesi: la riviera romagnola deve avere fatto scuola. Il giorno dopo una tappa di 250 km circa mi ha portato in Montenegro attraverso una serie infinita di bellissimi paesini e villaggi dall’aspetto ancora autentico, e da quella perla che è Dubrovnik



Sono molto prudente alla guida, come non lo sono solitamente. Tengo alta la concentrazione, un occhio nello specchietto e il piede costantemente sul freno, anche quando la strada appare perfettamente sgombra, nonostante mi sia scomodo causa uno zaino che porto sulla pedana. D’altronde ho in programma di studiare una nuova disposizione dei bagagli, che così non vanno affatto bene. Il borsone che tengo legato al portapacchi posteriore pesa quanto un gluteo di Giuliano Ferrara e dubito che gli attacchi possano resistere così per 40000 km, considerate anche i molti sterrati che dovrò percorrere.
La strada, qualunque strada in ogni tempo e in ogni luogo, è sempre popolata da coglioni in gran copia: ecco il motivo della mia prudenza. E’ di loro che ho paura, rispondendo così alla domanda che più frequentemente mi viene posta quando parlo della mia avventura. Quando nello specchietto vedo arrivare qualcuno mi sposto sempre il più possibile sulla destra e calo il gas per agevolare il sorpasso: preferisco seguire che essere seguito. Tra i sorpassanti si distinguono diverse categorie, tra le quali quelle numericamente più significative sono quelle dei menefreghisti e degli apprensivi. I primi mi passano a 20cm dal borsone sinistro, a qualunque differenza di velocità, perfettamente incuranti della mia presenza e dello spinta aerodinamica che mi causano. Viceversa i secondi mi passano a quattro metri di distanza, invadendo completamente la corsia opposta, manco fossi portatore sano di ebola. I migliori come sempre sono i camionisti ed è una bella fortuna. La vespa così carica di bagagli soffre molto il vento laterale e le rare volte che è un camion a passarmi a pochi centimetri il TS diventa instabile come una Desmosedici fuori di assetto in sesta piena sullo scollinamento prima della San Donato…
Ma la Vespa è magica….il TS ha appena “compiuto” 60000 km, e io per festeggiarlo gli regalo il mondo!
Grazie per come coi tuoi commenti ci permetti di condividere il tuo viaggio.
..un bel pensiero.. :-)) il regalo.