C’è questo strano trabiccolo davanti a me, nella fila per il controllo passaporti della dogana greca. Mi avvicino: è una specie di tandem, di quelli però in cui si pedala quasi da sdraiati, ed è carico di bagagli. Arrivano i conducenti e iniziamo a chiacchierare. Sono due ragazzi francesi che mi lasciano sbalordito: stanno anche loro facendo il giro del mondo, ma con quello strano aggeggio! Sono partiti a settembre e contano di tornare a casa la prossima estate. Resteranno nell’emisfero nord: dopo Grecia e Turchia saliranno in Russia tramite Armenia e Georgia e la percorreranno tutta in direzione levante. Arrivati al Pacifico un aereo li porterà in Canada, lo attraverseranno tutto e poi con un altro aereo rientreranno in Europa dalla Scandinavia. Saranno in Russia in piano inverno, e su quel mezzo lì! Penso a chi a casa ha dato a me del pazzo, e sorrido di gusto. Ma non è finita, niente alberghi: viaggiano chiedendo ospitalità alle parrocchie e dormono in tenda. Guardo il TS, che ora mi sembra un Hammer con vasca idromassaggio interna.
Il ragazzo mi chiede più volte quale sia lo scopo del mio viaggio, ma è evidentemente non soddisfatto della risposta. Capovolgo la domanda e capisco perché: studia teologia e lo scopo del loro viaggio è trovare Dio (lo chiama sempre “il padre”) in ogni angolo del pianeta. A me, agnostico ed epicureo convinto, questa spiegazione lascia un poco interdetto. Per un attimo mi sento un nano di fronte a due giganti. Poi lo sguardo mi torna sul loro trabiccolo, e la sensazione svanisce… Per chi fosse interessato, hanno un sito web: http://entandempourlepere.com/
L’ingresso in Grecia mi regala una bellissima strada in collina, piena di curvoni e saliscendi. Penso a quanto vorrei avere ancora il mio Ducati Hypermotard, e averlo qui ora. Per antico istinto inizio a notare alcuni dettagli. L’asfalto è recentissimo e del tipo a grana grossa: faccio strisciare un piede in terra che conferma l’impressione, ha un ottimo grip. Prima dei tornanti in discesa non è schiacciato né lucido: i mezzi pesanti non sono frequenti qui. Infine oggi è domenica e il traffico assai scarso: incontro solo qualche gruppo di ciclisti. Insomma decido che è la strada giusta per una prima “valutazione dinamica” del TS e inizio a “spingere” un po’. Ottima maneggevolezza e direzionalità, stabilità ampiamente migliorabile, sospensioni decisamente sottosmorzate, frenata non pervenuta. Nonostante questo, anticipando vergognosamente i “punti di staccata” riesco a divertirmi come un bambino. O come un asino, fate voi. Faccio persino le prime riprese “dall’esterno”, piazzando la camera sul cavalletto all’esterno di qualche curva. Le riprese non vengono granchè, ma si rivelano utilissime: riguardandole a sera noto che nelle “pieghe” più accentuate i borsoni laterali sono pericolosamente vicine a strisciare in terra. La prossima volta che trovo una strada così sarà molto opportuno lavarle e imboscarle provvisoriamente in mezzo a qualche cespuglio…
Sceso dalle colline, una lunga e noiosa strada mi porta a Salonicco e mi colpisce anche questo di asfalto, ma per il motivo opposto rispetto a quello della mattina. E’ lucido e logoro, scivolosissimo. Forse anche lui, come alcune magnifiche rovine visibili in pieno centro città, risale ai tempi di Pericle .Un tizio con un vecchio CBR600F lo sa meglio di me e si diverte a “sgommare” in accelerazione a moto perfettamente dritta, come di solito si fa solo sul bagnato. Lo fa in pieno centro città e lo fa anche bene. Giro un po’ alla ricerca di una sistemazione per la notte ma è tutto carissimo. Trovo alloggio in un postaccio pagato quanto un monolocale a Cortina per il ponte di San Silvestro…Il mattino seguente parto presto, riprendo la via dei monti e mi dirigo verso un Grecia decisamente diversa da quella delle località turistiche famose in tutto il mondo. La Grecia che mi è passata sotto alle ruote è stata una bella serie di paesi e città nelle montagne della Macedonia e lungo la splendida costa della Tracia.
Su questa costa trova Xanti, dove decido di fermarmi per la notte. A Genova c’è un detto, che potrei grossolanamente tradurre con “ C’è un Signore per gli imbranati”. E’una grande verità, esiste davvero e io ne ho le prove: l’ho incontrato.
Sono fermo a fare rifornimento quando arriva uno splendido KTM pieno di adesivi con le bandiere di mezzo mondo, e il centauro porta impeccabile abbigliamento tecnico a tema: un viaggiatore certo, e decisamente più organizzato di me. Alza la visiera e mi saluta in italiano. Si chiama Giampiero Pagliochini e l’inizio della nostra conversazione è quasi surreale. Gli domando da dove provenga e lui “Se te lo dico non ci credi”. “Beh tu provaci lo stesso” gli rispondo sicuro del fatto mio. “Vengo dall’Australia! “ “ Bene, Io ci sto andando!” . Meno male che il benzinaio non capisce ciò che diciamo… Si informa sul mio tragitto, mi chiede quali strade e passi abbia in mente di fare: snocciola punti di frontiera, località e distanze con una sicurezza che mi lascia interdetto, a me quei nomi non dicono assolutamente nulla. Mi dice che troverò grosse difficoltà in Kirghizistan con la Vespa in questo periodo “io l’ho fatto qualche anno fa, è quasi tutto oltre i 4000, in questa stagione tutto neve e ghiaccio: ma sei proprio sicuro?” Ci puoi giurare amico, sicurissimo. Poi mi chiede” E per l’ingresso in Cina come hai fatto?” e capisco che probabilmente lui sa qualcosa che io ancora proprio no. In breve mi informa che per entrare con un veicolo di proprietà in Cina e in Tibet non è affatto sufficiente il visto turistico personale e il carnet di passaggio che ho con me in valigia: lì per circolare serve avere targa cinese, documenti del veicolo tradotti in cinese, patente cinese e soprattutto noleggiare una guida che ti scorti ovunque all’interno del Paese, perché ”.. mica ti fanno andare a zonzo dove vuoi te!” . L’agenzia a Roma che mi ha seguito nelle pratiche per l’ottenimento dei vari visti non mi aveva detto nulla, eppure sapevano benissimo come avevo intenzione di andarci. E io ho commesso l’ingenuità di fidarmi e di non chiedere altre informazioni. Un montante al fegato del primo Tyson mi avrebbe forse fatto meno male. Sono disorientato, Giampiero lo capisce e si prodiga di consigli e informazioni. Lui c’era riuscito ad entrare in Cina anni fa, e mi lascia il contatto del tizio che allora lo aiutò. “Ma non crederti ehh, tutto il giochino ti costerà sui 4\5000 dollari”. E’la fine: dal mio angolo gettano la spugna,KO tecnico.
Per la cronaca, anche Giampiero ha un sito internet: http://www.motorbiketravel.it/ e ci sono foto bellissime.
Alla sera in albergo inizio a studiare una soluzione. Di una cosa sola sono certo: io non mollo e in qualche modo riuscirò a passare. Una soluzione la troverò, solo mi spaventa la mole gigantesca di rotture di coglioni che mi aspettano. Io voglio tornare a Genova provenendo da Ovest, dopo avere toccato i 5 continenti e percorrendo più strada possibile via terra: ecco lo scopo del girodelmondoa80allora. Se dovrò cambiare rotta, imbarcarmi su qualche traghetto o chiedere nuovi visti per Paesi che non avevo in programma di visitare lo farò: certamente io e il TS non molliamo. D’altronde anche per il Pakistan avevo dovuto rinunciare, data l’impossibilità di ottenere un visto.
Il mattino successivo riparto, la Turchia è vicina, ma riesco a fare poca strada: le informazioni trovate su internet la sera prima non mi hanno tranquillizzato. Aspetto di ricevere risposte a numerose mail inviate, penso all’infinito da dove potrei passare: ho la mente fissa sulla fottutissima Cina, che ora mi appare un cancro nel cuore dell’Asia, inguaribile ed impenetrabile, un gigante fermo in mezzo al mio cammino che non vuole lasciarmi passare.
Così non va, devo riorganizzarmi. Mi fermo quasi subito ad Alexandroupolis, una anonima cittadina con una brutta spiaggia di sabbia a una trentina di chilometri dal confine turco. La giornata però è magnifica, e vado persino in spiaggia a prendere il sole a torso nudo, a fine ottobre! Ma la sera e parte del giorno successivo li passo chiuso in camera alla ricerca di una soluzione. Esco solo per comperare alcune cose di cui ho bisogno, tra cui una macchina fotografica “normale”: la Gopro non fa per me, credo che la baratterò strada facendo con un paio di pneumatici nuovi per il TS.
Finalmente il terzo giorno resuscito, arrivo velocemente al confine e saluto la Grecia.
Alla dogana mi controlla il passaporto un poliziotto sulla sessantina. Nota il visto dell’Iran sul passaporto e mi chiede “After Iran what?” con una faccia tra l’incredulo e lo schifato.“ After Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan and then hopefully…” “With what?” mi interrompe e non mi lascia terminare. Indico il TS “But why? ”incalza lui, e dalla faccia è ormai sparita l’incredulità, è rimasto solo lo schifo… “Tourism” butto lì per tagliare corto. Stancamente timbra il passaporto e me lo consegna. Dietro di lui in piedi un ragazzo, sembra un militare di leva, avrà 20 anni e ha ascoltato tutto muto come un pesce. Appena ricevo il passaporto però schizza fuori dal gabbiotto e mi sussurra “After Kirghizistan hopefully what…?” con gli occhi scintillanti come brace. A lui non serve affatto chiedermi il motivo del viaggio, l’ha capito da solo. “Hopefully China, then Nepal and India” “Wow, great! Good luck!” mi sibila sorridente prima di tornare di soppiatto al suo posto.
Il mondo è decisamente dei giovani.