L’uomo finisce dove inizia la burocrazia

Luca Capocchiano

Scrivo questo breve post per aggiornare sulla mia situazione, visto che per un po’ non ho dato notizie.

Scrivo da Mumbai, dove sono atterrato martedì 16 nel cuore della notte volando da Dubai.

Sono stati giorni molto, molto incasinati..

Il traghetto preso a Bandar Abbas mi ha portato a Sharja, uno dei sette emirati arabi, e da lì mi sono mosso via terra per Dubai dove sono stato ospitato per quattro giorni da Adham, un siriano buono come il pane che lì vive e lavora.

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Vista di Dubai dall’appartamento di Adham

 

Ho cercato in ogni modo un traghetto con destinazione India, ma l’unico che ho trovato impiegava 14 giorni per arrivare a Mumbai e costava, apparentemente, poco meno di un trasferimento aereo.

Ho quindi deciso di provare a partire dall’Oman, dove sembrava ci fosse una possibilità da Muscat. In realtà, già che c’ero, ne ho approfittato per gironzolare un po’ anche in questo Paese, di cui poco o nulla sapevo. Sono arrivato fino a Ra’ s al Hadd, sulla punta della penisola Arabica, ospite di Paolo nella sua splendida Casa Oman, una pousada a pochi metri dall’enorme spiaggia di sabbia. Bellissimo.

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Paolo “Iapo” e la sua magnifica pousada

Ma da Muscat non sono riuscito a trovare una soluzione accettabile per il trasferimento in India. Da lì nessun traghetto e l’aereo era persino più costoso che da Dubai. Qui sono stato letteralmente “adottato” per due giorni dai mitici Muscat Riders, un gruppo di biker appassionati di chopper e Goldwing, che mi hanno fatto passare due giorno indimenticabili. Dirò solo che mi hanno premiato insieme ai vincitori di una gara di drifting con le auto e che sono finito sul giornale locale…E pensare che li avevo semplicemente incontrati per strada.

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Le meraviglie del viaggio. Un semplice incontro per la strada si rivela l’inizio di una amicizia ed esperienza indimenticabili

Sono quindi tornato a Dubai, ed è iniziato un calvario che dura tuttora.

Mercoledì 10 Dicembre ho portato la vespa nell’aerea cargo dell’aeroporto di Dubai, dove l’ho guardata “tumulare” nella cassa di legno necessaria per il trasporto: da allora non l’ho più rivista.

Tre giorni e due notti passate in aeroporto in attesa di una partenza che sembrava sempre imminente e che mai arrivava. Difficoltà burocratiche e umane di ogni tipo. Lo spedizioniere che, forte della vespa in ostaggio, aumentava del 40% i costi preventivati. Ho imparato a 36 anni che un chilogrammo non è sempre e ovunque l’unità di misura della massa stabilita dal sistema internazionale. Non sempre equivale a 1000 grammi. I circa 120 kg netti imbarcati sono diventati 189 kg con l’imballaggio (cassa in massello di rovere?) ma il prezzo calcolato su 390 kg! Quando ho chiesto spiegazioni allo spedizioniere è rimasto così sorpreso che non sapessi che è prassi nelle spedizioni aeree pagare in base al “chargeable weight”, che dipende dal rapporto tra massa e volume dell’imballaggio. Come se io dessi per scontato che lui sappia la differenza tra meccanismo di richiamo delle valvole della distribuzione di tipo desmodromico o a molle pneumatiche. Se mi avesse accennato prima a questa cosa avrei certamente cercato un’altra soluzione, e ritengo che la sua non sia stata ingenua dimenticanza ma colpevole omissione. Oltretutto, sentendo puzza di bruciato, avevo richiesto un preventivo scritto. L’ho ottenuto, pieno di sofismi e tecnicismi, ma di questo piccolo dettaglio che mi avrebbe triplicato il peso su cui calcolare gli oneri nessuna traccia. Ma ormai aveva la vespa e tutti i documenti in mano, che potevo fare?

Quando ero poco più che bambino mio padre mi disse: ”Più in basso vai, più merda trovi”. Crescendo mi è sempre capitato il contrario. Tutti mi invitano a diffidare dei vagabondi, degli straccioni, dei randagi. Ma in vita mia che mi ha davvero fottuto è sempre stato seduto alla scrivania di bellissimi uffici, nascosto dietro impeccabili cravatte.

Ora sono quattro giorni che mi sento ripetere “Tomorrow, tomorrow for sure” alla mia domanda su quando riavrò finalmente la mia vespa. I primi due giorni persi solo perché l’ACI indiana ha preteso da quella italiana la conferma che il mio Carnet di passaggio fosse autentico. Ho fatto presente che con quel Carnet avevo già passato le dogane di Iran, UAE ed Oman, e che ci sono i timbri a dimostrarlo. Mi hanno risposto che l’India è un “Honorable counrty”. Per quanto mi riguarda, abbiamo concetti differenti di onorabilità. L’ACI italiana ha impiegato due giorni a mandare la mail di conferma, dietro innumerevoli solleciti da parte dei miei, aggiungendo che questa situazione è nata a seguito della vicenda dei marò. Non so se sia vero, so solo che i miei di marò(ni) girano talmente forte che tra poco avrò portanza sufficiente per il decollo.

 

Il motore rotto in Turchia è stato un bel guaio che mi ha scoraggiato e fatto perdere tempo. Ma lì ero io a giocare la partita, dipendeva da me uscirne. Qui sono totalmente dipendente dagli altri, ed è una cosa ben peggiore.

Oggi ho passato l’ennesima giornata tra uffici e area cargo, a compilare decine di moduli tutti uguali e perfettamente inutili: tutto quello che mi hanno fatto scrivere è già stampato, in inglese e francese, sul carnet di passaggio.

Ho imparato che per girare il mondo le difficoltà principali che si incontrano non sono i monti e gli oceani, il vento gelato o la pioggia, ma le barriere burocratiche ideate dall’uomo.

Sono partito da 10 settimane, ho percorso 10000 km e attraversato 9 Paesi libero come una bandiera al vento, conoscendo posti e persone, attraversando luoghi splendidi; vivendo soprattutto, vivendo e vivendo da perderci la testa. Ho speso circa 2600 euro in tutto.

Per imbarcare una vespa e uno zaino di ricambi su un volo di tre ore ne sto spendendo altrettanto. E’ una cosa che mi fa impazzire.

Ecco un buon esempio di differenza tra valore e prezzo delle cose.

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