Il traghetto che da Bandar Abbas mi ha portato a Sharja, uno dei sette emirati arabi che compongono il Paese, è stato un viaggio nel tempo che in una sola notte mi ha portato avanti di un secolo almeno: tanto appaiono distanti Iran ed Emirati Arabi.
Ritirare la vespa dal porto è stato difficile, ho fatto la stessa trafila di timbri documenti e uffici degli spedizionieri che sdoganavano interi container. Complice il weekend ci ho messo tre giorni, durante i quali la vespa è rimasta in ostaggio dentro un capannone del porto di Sharja. Quando finalmente l’ho potuta riprendere l’ho guidata per i 70 km circa che separano Sharja da Dubai, dove nel frattempo avevo trovato ospitalità. Dopo il traffico caotico dell’Iran guidare in questo così ordinato e rigoroso sembra fantascienza: le macchine si fermano agli stop e ai semafori, danno la precedenza, sorpassano solo a sinistra….
Dubai è carissima e venendo dall’Iran lo sembra ancora di più. La prima mattina che esco vedo un bel bar coi tavolini di fuori, la giornata è magnifica e dietro al balcone troneggia una vera macchina da caffè, che non vedo già da mesi. Il cappuccino è così buono che devo prenderne un secondo. Quando vado a pagare la gentilissima signorina sussurra “Forty-eight Dirhams Sir”, dodici euro!
Mi scappa un “…E sti cazzi?”
“What Sir?”
“Nothing..” e porgo i soldi con grande dignità e indifferenza, ma dandomi del coglione per i successivi 45 minuti.
Essendo tutto così costoso avevo escluso a priori gli alberghi, che hanno prezzi folli e che proprio non posso permettermi. Grazie a Couchsurfing trovo ospitalità prima da Adham, un ragazzo siriano buono come il pane, e poi da Fabio, un italiano che da poco lavora lì.
Dubai è pazzesca…è tutto grande e nuovo, pulito ed efficiente, grandioso e luccicante. Ma è un posto privo di anima. La sua storia recente è sbalorditiva, soprattutto per chi vive lì da qualche anno e ha visto la città letteralmente esplodergli sotto agli occhi. La zona della Burj Khalifa,il grattacielo più alto del mondo coi suoi 828m e che oggi è un bosco di torri e grattacieli, traffico e gente, era davvero un pezzo di deserto solo quattro anni fa. Ci sono foto del cantiere dellal Burj Khalifa letteralmente in mezzo al nulla.
Grazie ai miei ospiti conosco un poco la numerosissima comunità degli “expat”, ovvero degli stranieri che qui vivono e lavorano. Per tutti è un’esperienza temporanea, qui è impossibile ottenere la cittadinanza. Il permesso di soggiorno è legato al contratto di lavoro: cessato questo, diventano clandestini. E’ una cosa cui pensano continuamente, perché molti si vorrebbero trasferire definitivamente. Lavorare qui ha non solo indubbi vantaggi economici (le tasse….non esistono!), ma permette di entrare in contatto con questa comunità di “expat” che è viva, multiculturale e dinamica. E’ un posto in cui puoi uscire a cena coi colleghi, essere seduto a un tavolo con dieci persone e nessuna della stessa nazionalità. E’ una cosa preziosa, solo a Londra avevo visto altrettanto. Fare un’esperienza di lavoro qui arricchisce le tasche e il cervello.
Ma Dubai è anche una prestigiosa località turistica, anche se personalmente non ci verrei mai in vacanza. Chi viene qui sembra apprezzi di più il poterlo raccontare al loro ritorno piuttosto che il vacanza in sé. Dubai è una frazione infinitesima di occidente estremo, futuristico, impiantata in piena penisola arabica. Non ha radici e lo sa, ma vuole sbalordire il mondo col suo presente. Le ragioni della sua nascita sono in quella zona di confine tra le regole dell’alta finanza e di quella definita “creativa”. E’ stato creato un sistema perfetto e attraente per i soldi neri di ogni angolo del pianeta, con una cornice di lusso scintillante tutta attorno. Tra i possessori degli appartamenti agli ultimi piani delle torri più alte e prestigiose, che possono valere decine di milioni di dollari, pare ci siano moltissimi iracheni, russi, libanesi e politici africani. Sembra ne abbia uno intestato pure Scajola, ma lui non lo sa..
Comincio da subito ad organizzare il trasporto mio e della vespa in India, ma è complicatissimo. Traghetti non ce ne sono, e sarò obbligato a spedirla via aereo. Nel frattempo avevo incontrato altri viaggiatori che come me “transitavano” da Dubai in direzione India, tutti lì senza volerlo a causa dei problemi ad ottenere il visto per il Pakistan. Come sempre succede in queste situazioni iniziano a girare voci e leggende metropolitane, e in molti sostenevano che a Muscat, la capitale del vicino Oman, fosse più facile ed economico partire per l’India. Ecco come ho iniziato a pensare all’Oman, un Paese che non faceva parte del mio itinerario e di cui non sapevo nulla. O forse si: a 12 anni giocavo a Sensible Soccer con l’Amiga 500 e le squadre che si potevano scegliere erano ordinate per livello: la prima era il Brasile, la seconda l’Italia…. e l’ultima era l’Oman. Quindi qualcosa sapevo: che esisteva un Paese con questo nome e che erano molto scarsi a giocare a calcio.
Ma chi c’è stato ne parla benissimo e più ci penso più mi viene voglia di provare. Ricevo anche un invito da Iapo, un italiano che ha una bellissima pousada di nome Casa Oman a Ras al Hadd, circa 700 km da Dubai e decido di accettarlo. Passerò da Muscat, così potrò informarmi sulla possibilità di spedire da lì.
Dubai è davvero una città costruita in mezzo al deserto e la mattina che parto me ne rendo perfettamente conto. Appena lasciato il traffico del centro le torri e i grattacieli si diradano velocemente, e in pochissimi chilometri ci si trova su una stretta strada a due corsie letteralmente in mezzo a dune e cammelli.
Alla frontiera mi tengono fermo per ore, è evidente che non hanno mai visto il “carnet di passaggio”, il “passaporto” per la Vespa, non devono essere molti gli europei che passano questo confine con un proprio mezzo. Ma è tutto in regola e alla fine mi lasciano passare.
L’Oman appare diversissimo da Dubai, eppure è altrettanto ricco. Solo enormemente meno appariscente. La strada è ottima e passa per una serie di paesi e villaggi in cui la gente è molto gentile e incuriosita da me e dal TS. E’ tutto molto pacifico e sereno, il clima perfetto, il traffico regolare.In due giorni arrivo a Ras al Hadd, percorrendo oltre 500 km nel secondo. Gli ultimi 200 costeggiando un mare fantastico e spiagge infinite di sabbia. Qui fa caldo, guido in maglietta, l’asfalto è liscio come un biliardo e io non mi fermerei mai. Rimango ospite di Iapo per tre giorni, rifocillato di pasta italiana e pesce fresco, a fare il bagno nella splendida spiaggia davanti a casa sua, famosa per le tartarughe che qui vengono a deporre le uova. Iapo mi racconta che in alcune notti d’estate la spiaggia appare nera, per i gusci di migliaia di tartarughe che scavano la buca per le loro uova. E quando si schiudono è uno spettacolo bellissimo. I cuccioli appena usciti dall’uovo seguono per istinto la luce, che dovrebbe guidarli verso il mare. Purtroppo negli ultimi anni la vicinanza delle case e della loro luce alla spiaggia li confonde, in moltissimi si incamminano dalla parte sbagliata. In estate Paolo se ne trova a decine nel giardino di casa sua, che raccoglie e porta la mare alla sera. Ma anche ora ogni mattina ne troviamo qualcuno…e sono meravigliosi.
Si sta benissimo a “Casa Oman” e mi fermerei davvero qualche giorno in più, ma devo ripartire. Devo fermarmi a Muscat per le informazioni sul trasporto e per mantenere una promessa.
Qualche giorno prima infatti, mentre scendevo verso Ras al Hadd, passando dalle parti di Muscat mi ero perso e per la prima vera volta dall’inizio del mio giro davvero non sapevo dove mi trovassi né dove andare. E come spesso succede è in queste situazioni che si fanno gli incontri più straordinari. Avevo fermato una macchina per chiedere informazioni e per una strana coincidenza proprio quella del presidente dei “Muscat Bikers”, un motoclub molto attivo e numeroso. Si chiama Taher, ha addosso l’abito tipico bianco e quando parla sembra gettare monete d’oro dalla bocca. E’subito entusiasta della mia storia. Saputo che sarei ripassato da Muscat dopo qualche giorno non aveva voluto sentire ragioni, voleva fossi suo ospite e io glielo avevo promesso.
Arrivato a Muscat lo contatto, e per tre giorni vivo come un supereroe dei fumetti. Taher mi fa visitare la città, conoscere tutti i soci del club, assaggiare tutte le specialità tipiche, guidare le sue moto… Davvero mi sento in imbarazzo per tanto entusiasmo ed ospitalità. Mi porta a vedere una gara automobilistica di drifting, quelli in cui si intraversano le macchine in continue controsterzate dentro a un percorso segnato. Uno dei partecipanti è un “Muscat Biker” e tutto il club è al gran completo. Finisce che al termine della gare vengo anche io invitato a fare un giro dentro alla pista in vespa in mezzo al pubblico, e premiato insieme ai vincitori della gara. Foto, interviste di tv e giornali locali…mi sembra di essere un divo di Holliwood!
Ma soprattutto passo molto tempo con Taher, che è persona splendida e intelligente, e quando parla del suo Paese mi lascia sbalordito. L’Oman è un esempio di buongoverno e il rapporto tra il sultano e la sua gente è di amore vero, una cosa che a un italiano appare davvero incomprensibile, distante, impossibile. Il sultano Qaboos, salito al trono nel 1970, ha letteralmente creato un Paese intero costruendo tutto quello che si vede oggi. Coi proventi della vendita del petrolio ha soprattutto migliorato il tenore di via del suo popolo, che gli è univocamente riconoscente. Non si tratta solo di avere il petrolio: in Arabia Saudita, tanto per fare un esempio, ne hanno infinitamente di più, eppure la gente vive nell’indigenza, non esistono strade o infrastrutture mentre i membri della famiglia reali si fanno rivestire la carrozzeria delle Rolls Royce con oro a 24 carati.
La brutta notizia per me è che spedire da Muscat è possibile ma più costoso che da Dubai. Molto più costoso, almeno sembra. …
Come è finita già l’ho raccontato in un precedente post: sono tornato a Dubai per essere fregato da un maledetto spedizioniere, che mi ha di fatto duplicato i costi preventivati. Ovviamente, dopo avere avuto in mano la vespa e tutti i documenti.
Ogni giorno sembra quello buono per la spedizione, ma c’è sempre un motivo che la rimanda a quello successivo. L’aereo che trasporterà il TS è solo merci, io dovrò comperare un normale biglietto su un volo di linea. Lo spedizioniere maledetto (se c’è un inferno lo saprà aspettare) mi invita a partire ed aspettare a Mumbai la Vespa, ma io non ci penso proprio ad andarmene prima di avere conferma della spedizione del TS.
Finisce che passo tre giorni e due notti in aeroporto…
Quando finalmente ho in mano i documenti che attestano la partenza del TS posso finalmente imbarcarmi e in piena notte decollo.
Destinazione Mumbai, finalmente.